Oggi come ieri: ricordando un Regno Unito aperto verso le terapie sperimentali, per la salvaguardia del paziente.

Abbiamo una storia da raccontarvi e che ci è venuta in mente in questo momento storico nel quale il Regno Unito sta vivendo grandi e radicali trasformazioni che sembrano portare a una sempre maggiore chiusura dei propri confini nei confronti dei contributi preziosi che possano venire dal resto del mondo, anche in campo medico e scientifico.

Così sembrerebbe, almeno, leggendo la vicenda del piccolo Charlie Gard, il piccolissimo bambino britannico affetto dalla grave sindrome da deplezione mitocondriale. La sua storia ha fatto il giro del mondo in seguito al contenzioso fra la famiglia del bambino e l’ospedale che lo ospitava e che ha stabilito per lui l’interruzione dei trattamenti che lo tengono in vita. In seguito a grandi sforzi da parte dei due genitori Chris e Connie, i giudici inglesi hanno finalmente acconsentito che un medico statunitense visitasse il bambino per verificarne l’eleggibilità per essere sottoposto a una nuovissima cura sperimentale. Tuttavia, questa decisione è arrivata troppo tardi: i genitori del piccolo hanno ritirato la richiesta per andare negli USA. Gli ultimi esami hanno evidenziato l’irreversibilità dei danni cerebrali e muscolari di Charlie.

Questa storia ci porta indietro ai tempi in cui un medico italiano si recava presso il Centro di Terapia del Dolore a Liverpool, diretto dal prof. Sam Lipton, per apprendere alcune terapie all’avanguardia. Era il marzo 1988. In tale occasione, quel medico italiano, il prof. Ugo Delfino, ebbe l’opportunità di presentare al direttore del Centro la propria metodica: la neurolisi trigeminale con fluoroscopia mirata e sedazione profonda per la nevralgia del trigemino. L’indomani, in sala operatoria, alla presenza di quindici professionisti giunti da diverse parti del mondo, il prof. Sam Lipton si propose di operare una persona anziana per nevralgia del trigemino ma il tentativo fallì ben due volte. In quella particolare circostanza, con molta diplomazia, invitò l’italiano ad applicare la sua metodica, che riuscì prontamente.

Il nostro augurio è un ritorno a quello spirito di collaborazione che caratterizzava il rapporto tra i medici inglesi e la comunità medica internazionale, in grado di ravvivare un virtuoso ed efficace scambio di conoscenze e di innovazioni per il benessere e la salvaguardia di ogni paziente.

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